Sono 152 milioni i bambini e ragazzi tra i 5 e i 17 anni (uno su dieci) che nel mondo sono vittime di sfruttamento lavorativo. Quasi la metà, 73 milioni, sono costretti a svolgere lavori duri e pericolosi, che ne mettono a grave rischio la salute e la sicurezza, con gravi ripercussioni anche dal punto di vista psicologico. Una piaga sociale, quella del lavoro minorile, che sembra perdurare e che vede come vittime giovani innocenti negati della loro età migliore. Il danno, Infatti, per questi giovani, è rappresentato anche dall’allontanamento dalla scuola e dallo studio e nei peggiori dei casi dalla propria famiglia di origine.

Secondo i dati forniti da Save The Children, in più di sette casi su dieci, questi minori, vengono impiegati in agricoltura, mentre il restante 29% lavora nel settore dei servizi (17%) o nell’industria, miniere comprese (12%). Di tutti questi 79 milioni hanno tra i 12 e i 17 anni di età, mentre i restanti 73 milioni sono molto piccoli, tra i 5 e gli 11 anni, e quindi ancor più vulnerabili ed esposti al rischio di conseguenze sul loro sviluppo psico-fisico. Quasi la metà del totale (72 milioni) si trova a lavorare nel continente Africano, con Mali, Nigeria, Guinea Bissau e Ciad che fanno registrare le percentuali più alte di bambini, tra i 5 e i 17 anni, coinvolti nel lavoro minorile. In questi Paesi lavora più di un bambino su due.

L’Italia non resta esclusa dall’elenco nero dei paesi dove si registra il fenomeno del lavoro minorile. Negli ultimi due anni infatti, nel nostro Paese, sono stati accertati più di 480 casi di illeciti riguardanti l’occupazione irregolare di bambini e adolescenti, sia italiani che stranieri. Del totale dei dati; 210 giovani sono impiegati nei servizi di alloggio e ristorazione, 70 nel commercio all’ingrosso o al dettaglio, più di 60 in attività manifatturiere e oltre 40 in agricoltura.